Claudio Campana

Considerazioni conclusive


A distanza di anni viene da chiedersi se, in effetti, sia stata davvero inevitabile la chiusura di così tante linee ferroviarie nella nostra provincia. La risposta non è semplice e va comunque ricercata in un quadro più generale della situazione.

Se è fuori discussione che una linea ferroviaria produca maggiori costi rispetto a un'autolinea, non dovrebbe essere sottovalutato il fortissimo impatto ambientale provocato dai mezzi su gomma. Purtroppo è anche vero che, da molti anni a questa parte, si sia assistito a una crescente propensione dei pendolari all'utilizzo delle automobili piuttosto che i treni. Le "ferrovie", dal canto loro, anziché mobilitarsi per cercare di ostacolare in qualche modo questa tendenza, non hanno fatto altro che alimentare ulteriormente questa disaffezione predisponendo, specie sulle tratte secondarie, dei servizi sempre più scomodi e, quindi, impraticabili. A cominciare dagli orari, spesso assurdi, per non dire beffardi! Orari che, quasi sempre, non prevedono alcuna coincidenza con i treni delle linee collegate.

Il rinnovamento strutturale dell'Airasca-Saluzzo, paradossalmente completato appena in tempo per la definitiva chiusura della linea, è stato in origine deliberato con la chiara e precisa finalità di potenziare e di adeguare la medesima soprattutto al trasporto merci. Se questa iniziale prospettiva non fosse stata improvvisamente e definitivamente abbandonata, non è da escludere che questa tratta, insieme alla Saluzzo-Cuneo (ancora attiva per il solo servizio merci), avrebbe potuto costituire una valida alternativa alla direttrice Torino-Fossano-Cuneo.

Verrebbe quasi da pensare che, qualunque possa essere il vero motivo alla base di una chiusura, questa sia vista dalle "ferrovie" più come un obiettivo da raggiungere, piuttosto che un epilogo da evitare. Infatti, per abituare poco per volta gli utenti all'idea di perdere il servizio e per meglio giustificare tale presa di posizione agli occhi dell'opinione pubblica, il metodo adottato è quasi sempre il medesimo: si comincia con la soppressione di alcune corse feriali, specialmente nelle fasce orarie in cui la domanda dell'utenza è maggiore; in alcune stazioni intermedie si vedono sempre più treni che transitano senza fermarsi; si passa, in seguito, alla totale dismissione del servizio festivo; prosegue, intanto, la graduale riduzione del numero delle corse feriali, con il contestuale aumento delle autocorse sostitutive, fino al raggiungimento di quello stato di "insufficienza del movimento passeggeri", presupposto dell'inesorabile abbandono.

In certi casi, prima di giungere al "traguardo" di una chiusura definitiva, si preferisce passare attraverso la meno drastica sospensione stagionale del servizio. Per talune linee come la Bra-Ceva, infine, il verificarsi di una calamità naturale ha di fatto evitato l'agonica sequenza di provvedimenti limitativi, con una "condanna" istantanea e definitiva.

In questo senso, non mi sbagliavo quando, alcuni anni fa, paventavo la chiusura della Pinerolo-Torre Pellice (nonostante l'esistenza di un progetto per adeguarla sperimentalmente al transito del "tram-treno") e della Cuneo-Saluzzo-Savigliano, ora ridotta al solo servizio merci. Anzi, credo di non essere stato abbastanza pessimista in considerazione del fatto che il 17 giugno 2012, solo per restare in Provincia di Cuneo, sono "saltate" anche la Cuneo-Mondovì, la Ceva-Ormea e la Alba-Asti.    

Nonostante ciò, in questi anni di crescente emergenza-traffico e di costi dei prodotti petroliferi ormai giunti alle stelle, un sistema integrato di trasporti non può non considerare la prospettiva di rilanciare la ferrovia, anche e soprattutto in ambito locale dove si concentrano flussi di centinaia di migliaia di viaggiatori.

Non a caso, sono fioriti studi e ipotesi chiamanti in causa le linee ferroviarie intorno a Cuneo (si veda il progetto "Metrogranda") che potrebbero ancora rappresentare una risorsa se le istituzioni e l'opinione pubblica sapessero intuirne le potenzialità per gli anni a venire.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ferrovia Airasca-Saluzzo (gennaio 1984): l'automotrice ALn 772 in prossimità di un passaggio a livello fra Airasca e Scalenghe (foto G. C. Porta).